Piano delle Cinque Miglia, lo sterrato è arso dal sole e al passaggio dei primi mezzi della carovana del Giro d’Italia si alza un polverone immenso che un filo di vento lentamente disperde. I pastori che sono saliti in altura con i loro greggi affamati della nuova erba restano a guardare. Non avevano mai visto un nuvolone cosi grande sorgere dalla lunga lingua bianca di breccia per tante macchine messe in fila.
E quello che sta succedendo nel frattempo lungo la salita da Pettorano sul Gizio lungo la Napoleonica ha il sapore della polvere intrisa di sudore e di dolore, di dolori lancinanti che stanno mettendo in subbuglio l’addome di un uomo, forte, fortissimo, il “Campionissimo”, Costante Girardengo. Nelle quattro precedenti tappe di inizio Giro ha messo in fila tutti vincendole. Ma la quinta, si sta rivelando impossibile, devastante, fatale.
Costante è caduto prima della salita, forse ha urtato un’autovettura; la botta è stata diversa da tante che capitano spesso ai corridori lungo il serpentone partito da Milano, passato per Merano, Bologna, Perugia, Chieti, diretto a Napoli e per un totale di 10 tappe di nuovo a Milano. Ben 3.107,5 chilometri e alla fine 120 ore, 24 minuti e 39 secondi. Ma quel dolore addominale arrivato all’improvviso è lì e non lo molla, forte da rendere invisibili e quasi indolori le escoriazioni intrise di sangue e polvere, lasciate sulla pelle dai sassi. Gli occhi vanno oltre lo sterrato, ogni tanto appare come un miraggio il suo letto, steso nella sua candida camera dipinta di calce a Novi Ligure; lo rincorre, ma questo si allontana ogni volta e ogni pedalata quasi incunea il ginocchio nell’addome a volerlo esaltare nei suoi spasmi violenti e ripetuti. Poi nella mente balena una speranza, quella del grande Piano, che la sua lieve e lunga discesa offre alle gambe indurite dallo sforzo inusuale per rilassare muscoli e respiro e forse quel dolore aggressivo come mai gli era capitato.
Eccolo il Piano, primaverile, verde e già ricco di fiori multicolori. All’inizio, dove il terreno e tenero e marrone ogni tanto si scorge un contadino che zappa un fazzoletto di terra e infila una piccola patata sperando nella sua provvidenziale moltiplicazione. L’orzo e il grano s’intravedono verdi due palmi al vento.
Ma la speranza, ultima a morire ci arriva morta. Girardengo non ce la fa più e la sua mente d’incanto si pulisce, è lucido, un solo pensiero gli è rimasto: il ritiro. Il ritiro dal Giro che forse avrebbe vinto se tutto fosse andato per il verso giusto come gli era accaduto fino a Chieti. Incredibile! Non aveva messo in conto una evenienza tale, ma tale è.
Il Campionissimo chiama il suo direttore della Stucchi e gli ribadisce che non sta bene, è un calvario, non ce la fa più. <<Mi ritiro!>> <<Ma no, non puoi, non devi, il Giro è tuo, abbi pazienza, adesso è tutta una discesa e vedrai che andrà meglio.>> Costante, quasi ligio al suo nome cerca di essere costante al richiamo, all’incitamento che gli ha ripetuto. Cento, duecento, un chilometro. Uno sguardo al telaio e vede la pompa per gonfiare gli pneumatici. Ma non si rivela tale. Gli appare come una matita, di quelle indelebile. È finita, basta! Una smorfia e un grido di dolore. Il primo dopo tanto soffrire, senza il respiro quasi, urlato al vento cosparso di polvere che lo attenua. Scende il campione dalla bici. Quelli che gli stanno accanto si fermano. E lui prende quella matita e scrive sullo sterrato una croce dicendo: Girardengo si ferma qui! È la fine del suo Giro.
Trascorsero gli anni, i giri d’Italia si inanellarono arrivando a 100, 102 dello scorso anno. E quando il Giro arriva su queste strade per fissare una tappa o solamente le attraversa, o addirittura al Tour, i cronisti si ricordano di lui, della sua croce di quel 2 maggio tracciata sul grande Piano. Le Cinque Miglia, già famose per le intemperie che costarono la vita a circa 300 fanti di Carlo III che volevano attraversarle dentro una bufera di neve di fine inverno. Il Piano già famoso per i briganti che v’imperversarono nei tempi; già famoso per i viandanti che prima di attraversarlo scrivevano testamento.
Il Piano delle Cinque Miglia e Costante Girardengo: un connubio indissolubile. E sono passati 99 anni
Ugo Del Castello
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