Quella che si vede oggi è la seconda Roccaraso non l’ampliamento della Roccaraso nata agli albori del ‘900 con l’attività turistica e sportiva, definita allora industria del forestiero e subentrata prepotentemente alla pastorizia, che pure contava sugli altopiani decine di migliaia di capi ovini. I soldati tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale distrussero totalmente il paese con i suoi sei alberghi, alcune pensioni e tante stanze private riservate per l’affitto; si salvò il rifugio Principessa Giovanna all’Aremogna perché lo usarono come cucina per le truppe dislocate in quell’area; distrussero anche la slittovia del Monte Zurrone; restò in piedi solo la chiesa di San Rocco adibita a stalla e un pugno di case dove alloggiarono per tutto l’inverno del 1944.
Ma, per comprendere appieno lo spirito che guidò la ricostruzione, è fondamentale raccontare con le parole del giornalista Renato Caniglia l’episodio emblematico che sintetizza l’intraprendenza di antichi albergatori e dei cittadini più coraggiosi che si spinsero oltre la ricostruzione della propria casa, per creare una moderna ed efficiente industria dell’ospitalità e di impiantistica sportiva al servizio dello sci.
“Fu proprio in quella parrocchia, sulle sue vestigia frantumate, quasi polverizzate, che il primo Capo dello Stato Italiano, l’on. Enrico De Nicola, ci additò, sgomento, un troncone di crocefisso che spuntava tra due scheggioni dell’altare. E quando ci avvicinammo per raccoglierlo, dovette apparirgli in tutta la sua immensità il disastro della guerra perduta: egli, così schivo di manifestazioni esteriori, si avvicinò alla balaustra che sorge lì presso, guardò in giù, scrutò ai lati e non vide che rovine. Ci è restato impresso quel suo gesto disperato che vedemmo fargli slargando le braccia e volgendo gli occhi al cielo in segno di orrore per tanta rovina. Si incaricò Papitto, il buon Gregorio Cipriani capostipite dell’attuale famiglia di albergatori, di rassicurarlo con un atto di fede. Avvicinatosi al Presidente chiese di parlargli. Gli parlò ma non di appoggi o favori. Gli disse, semplicemente, che la jeep ferma lì davanti con il motore acceso serviva non da traino ma per tirar su il materiale: il materiale per l’albergo, il primo degli alberghi che egli intendeva ricostruire, uno per ciascun figlio. De Nicola restò commosso, ci disse che con gente di quella tempra c’è da sperare e che lui sarebbe ritornato, ad inaugurazione avvenuta. Quando? <<Tra un anno>> fu la risposta. E l’anno dopo ritrovammo Enrico De Nicola, cessato il mandato presidenziale, ospite dell’attuale Grand Hotel.”
Gregorio Cipriani divenne esempio per diversi roccolani e pure forestieri che intrapresero l’attività alberghiera. Roccaraso crebbe, furono costruiti oltre venti alberghi, moderni impianti di risalita, impianti sportivi a corredo dell’attività di ospitalità e organizzate manifestazioni sportive di eccellenza, tra queste ultime le gare al trampolino di salto Roma. Poi l’area sciistica dell’Aremogna si elevò a comprensorio includendo gli impianti, le piste di Pizzalto e Montepratello di Rivisondoli e si dotò di un impianto di innevamento programmato tra i più estesi completi e moderni in Europa.
Ma non può finire qui, non sarà certo questo momento di estrema delicatezza che coinvolge l’intera nazione a spegnere le forze che nel corso degli ultimi anni si sono indebolite e che devono invece ritrovare vigore per spingere Roccaraso verso un futuro migliore. Quello spirito narrato deve essere riscoperto, ed è necessario radicarlo definitivamente, geneticamente nella mente di tutti, per riprendere le redini di una capacità di ospitalità moderna al servizio dell’ospite e a beneficio dell’intera comunità. Essere forti significa anche poter superare momenti di difficoltà come quello odierno, senza cedere alla desolazione. Io voglio credere che questo ampio periodo di stasi abbia consentito ad ognuno di noi di immaginare una Roccaraso diversa, voglio sperare che le menti abbiano trovato in questi giorni di difficoltà terreno fertile per ripensare le proprie attività e di immaginarle non fine a se stesse, ma ben coordinate in una filiera di proposte che riescano a rendere nuovamente accattivante e gradevole il soggiorno in questa storica località turistica. I tempi attuali non chiedono solisti, ma un’intera orchestra dell’ospitalità e se il direttore non c’è va trovato altrove, perché le sue devono essere competenze scientifiche di prim’ordine, che devono costituire la guida propulsiva e organizzativa di ogni attività. Insomma questo è il momento giusto ed inderogabile per dare un nuovo volto alla nostra Roccaraso, perché anche coloro che ci frequentano assidui e devoti e soprattutto quelli che ci hanno abbandonato desiderano che Roccaraso torni ad essere loro appieno; ricca di nuove strutture turistiche, di iniziative coinvolgenti e con una montagna da vivere anche quando la neve non c’è. Che siano coinvolte in questo processo anche le comunità di Rivisondoli e Pescocostanzo, non è necessario è indispensabile. Così facendo saremo in grado inoltre di produrre un’offerta variegata e ricca di soddisfazioni.
Voglio sperare che sia così.
Ugo Del Castello
25 aprile 2020