È con questa frase augurale che Padre Mariano da Torino concludeva la trasmissione televisiva della durata di un pugno di minuti prima del telegiornale delle otto.
Ai giovani di oggi questo Cappuccino non dice nulla, non evoca ricordi di cartoni animati giapponesi, ma quelli che come me sono nati praticamente con la sua trasmissione, iniziata nel 1955 e durata credo fino ai primi anni ’70, la sua barba, il suo modo gioviale e attrattivo di ascoltarlo, quando la tivvù era fatta ancora di uno e poi due canali, evoca ricordi suggestivi, dolci come le sue parole che con l’arrivo poi di Carosello chiudevano una intensa giornata di studio, si fa per dire, ma sicuramente di sana vita all’aria aperta di qualunque stagione si parli.
Per me il suo ricordo, riaffiorato stamane appena sveglio, è un po’ particolare, dal vivo, perché ebbi modo di conoscerlo alla Befana del 1971 quando io lavoravo nella portineria dell’Albergo Piemonte di prima categoria. Padre Mariano giunse sugli Altopiani per assistere al Presepe Vivente di Rivisondoli. L’altro ieri ho rivisto un bambino, oggi uomo, che abitò per alcuni anni a Roccaraso negli anni infantili dell’asilo delle suore. Il papà di Nicola era lo chef dell’Albergo Piemonte dove io lavoravo in portineria alle vacanze estive e quella volta a Natale. Che chef! Amalfitano purosangue, Antonio e il fratello Michele deliziavano in maniera incomparabile gli ospiti dell’albergo che all’epoca era il più prestigioso di Roccaraso insieme al Grande Albergo. È così che riaffiorano indelebili certi bei ricordi.
Ebbene, con oltre un metro di neve e un freddo cane, il pomeriggio dell’antivigilia della Befana, tra gli sciatori allegri e stanchi che rientravano dalle piste di sci, apparì lui, il famoso Padre Mariano, scalzo, con ai piedi un paio di sandali. Gli sciatori, avendolo riconosciuto per quel personaggio televisivo che era, gli fecero festa, ma non riuscirono a scaldarlo ci volle una borsa di acqua calda sul divano del soggiorno dove adagiò i piedi inermi. Il giorno dopo, più o meno alla stessa ora si presentò in portineria e chiese di essere accompagnato a Rivisondoli, ma notai immediatamente i suoi piedi, ancora scalzi e con un paio di sandali. Direte voi, come il giorno prima. No la differenza era nel colore, normale, diverso dal paonazzo violaceo che spiccava sotto il saio all’arrivo un albergo. Chiamai il signor Bailone, direttore dell’albergo, e gli feci notare quei piedi. Subito lo fermò, lo fece accomodare su una poltrona lì presso e mi mandò al vicino negozio di abbigliamento di Ilio Colecchi a prendere scarponi, calzettoni di lana e una bella giacca a vento blu. Padre Mariano non voleva, disse che tanto ci era abituato. Il direttore gli fece notare che non era proprio così, gli disse che la colonnina del termometro davanti all’albergo segnava già un bel meno cinque, figuriamoci vicino alla capanna del presepe.
Quando tornò ci benedisse, affermando che non aveva mai sentito così freddo e chiese una busta per restituire l’abbigliamento. Figuriamoci, fu il più bel regalo che l’albergo quell’anno riservò a un ospite. E si, perché dovete sapere che all’epoca, in quell’albergo la sera di Capodanno, ogni cliente riceveva un regalo, mi sembra di ricordare che fu una fine parure di lenzuola doppie o singole a seconda del caso.
Questo era l’Albergo Piemonte di Roccaraso e per me si chiuse così il lavoro per tornare sui banchi di scuola, forte di una collezione di mance che in quindici giorni sfiorò le cinquecentomila lire, oltre a settantacinque di compenso. Altro che tombola natalizia!