Sono anni e anni che alla guida dell’automobile, attraversati i Dieci Ponti in discesa e appena superato il secondo ponticello, spesso volgo lo sguardo in basso verso il Torrente Rasine per individuare un albero secolare che la leggenda roccolana definisce di Sant’Ippolito, che è il protettore di Roccaraso.
E, appunto, la leggenda vuole che il soldato romano Ippolito fosse stato incaricato di vegliare sul prigioniero cristiano Lorenzo. Il soldato, a contatto col cristiano, in pochi giorni divenne credente e affermò con decisione di essere diventato tale. Lorenzo il 10 agosto fu martirizzato su una graticola posta sui carboni ardenti, mentre il 13 agosto Ippolito fu legato a un cavallo che lo trascinò di corsa sulla strada Tiburtina. E questa corsa pare si sia allungata fino a Roccaraso e oltre verso Isernia. Nel punto dove già allora esisteva questo albero e dilaniato dalla folle corsa si staccò dal corpo un braccio che rimase in quel punto. Nel tempo, furono rinvenuti alcuni frammenti delle ossa che oggi sono custodite all’interno della statua argentea e di un braccio posto in verticale su un piccolo piedistallo anch’esso d’argento. Questa è la credenza popolare tramandata nei secoli.
Nel 1688 furono i munifici coniugi Donato Berardino Angeloni e Agata Florini che donarono alla comunità roccolana la statua e il braccio opera di valenti maestri argentieri napoletani.
Jean Cocteau poeta, saggista e drammaturgo francese afferma che la storia è il vero che si deforma e la leggenda il falso che s’incarna.
Ma oggi quell’albero praticamente non c’è più. Dopo essere stato forse per secoli a sentinella di quel punto preciso, già da qualche decennio lo ricordo che ha incominciato ad avvinghiarsi su se stesso e quella forse dolorosa torsione pian piano lo ha sfibrato e si è aperto lasciando passare dentro di se il freddo e il caldo, l’umidità del torrente e i vortici di neve inclementi.
Stamane ho allungato ancora una volta lo sguardo, era un po’ di tempo che non lo facevo più, e mi sono accorto che non era più al suo posto, sia pure curvo come un vecchio stremato dalle fatiche di una vita grama e irriverente. Mi sono fermato alla piazzola lì di fronte e attraversata la strada ho guardato giù in basso. Ma no, è lì, è ancora lì, ma si è accasciato definitivamente e la sua testa, priva di rami è poggiata stremata tra i sassi e gli alternanti flutti dell’acqua gelida.
Me lo aspettavo che prima o poi accadesse e neppure il braccio di Sant’Ippolito è riuscito a sorreggerlo. O forse sì. Ma si, credo proprio che lo abbia fatto, anche se le forze reciproche finalmente hanno ceduto.
E non c’è stata neppure una bufera di vento quest’anno a decretarne la fine. È ancora lì in coma irreversibile e aspetta forse che un’avvolgente Tramontana carica di neve come non mai stacchi definitivamente la spina.