L’industria dell’ospitalità a Roccaraso e sugli Altopiani è destinata a scomparire. Cioè gli alberghi sono destinati a chiudere e se chiudono gli alberghi la maggior parte delle altre attività faranno la stessa fine.
Non sono l’uccello del malaugurio, ci mancherebbe, anche se questo tipo di espressione così categorica è molto vicina a ciò che vado ripetendo da molto tempo. Ma voglio restare nel categorico.
Gli impianti di risalita saranno gli unici a restare in piedi e a funi ben tese. Però, c’è sempre un però. A condizione che il flusso di sciatori rimanga numeroso e tale da soddisfare le più elementari leggi economiche e finanziarie che li governa, pena anche la loro scomparsa, mutazioni climatiche a parte. Mi giungono alle orecchie insistenti lamentele di qualche loro rappresentante su una certa situazione di difficoltà o forse di perduta redditività e questo è piuttosto significativo in relazione alle considerazioni finora svolte.
C’è dell’incredibile nelle due affermazioni, lo so, io ho sempre riflettuto su questa situazione pur non avendo le competenze specifiche, ma almeno con il buon senso di ragionarci sopra visti i costanti e risicati risultati gradualmente conseguiti nel corso degli ultimi anni. I problemi affondano le radici ben più indietro, allor quando il ricambio generazionale avrebbe dovuto conseguire una più stringente e specifica preparazione culturale nel campo dell’economia turistica e ricettiva. E siccome non sono nessuno non ho ombra di dubbio che non solo sia additato come l’uccello del malaugurio, ma in maniera più concreta il pazzo da legare. No, non è così, se si è almeno un po’ realistici in relazione a ciò che ci accade intorno e soprattutto dentro le attività economiche. Perché non è assolutamente possibile nascondersi dietro un dito. Gli alberghi registrano progressivamente gravi cali di presenze, quando in altri tempi, anche abbastanza vicini non era così. Ma allora turisti e sciatori ci cercavano; oggi non lo fanno più, siamo noi che dobbiamo cercare loro ed è necessaria un’azione complessa che va dalla conoscenza di penetrazione del mercato turistico ad una accoglienza sopraffina. La prima e più semplicistica obiezione che avverto pronunciare, che pur avendo un fondo di verità non riveste il crisma della vera responsabilità è che ormai da dieci anni c’è la crisi. Certo una sua influenza è innegabile. Ma c’è una crisi diversa e fondamentale che nessuno ha individuato, perché non c’è l’idoneità per individuarla ed è quella legata alla incapacità delle attività alberghiere di offrirsi in maniera adeguata ai tempi. Sono soprattutto ragioni di carattere organizzativo che devono contemplare una rinnovata e completa offerta turistica in rapporto con una domanda che ha perso già da tempo e definitivamente quelle caratteristiche e alle quali si cerca di aggrapparsi come l’ultimo e precario ramo prima dello strapiombo. Poi ci sono ragioni di carattere interno, cioè insite a come le attività alberghiere vengono condotte in rapporto allo stato della struttura di riferimento, dei servizi, del personale, dell’accoglienza, delle lingue e della capacità di rendersi conto dei valori del bilancio in termini di ottimizzazione dei costi, finanche negli angoli più remoti della struttura alberghiera. Problema risolvibile attraverso il cosiddetto studio di fattibilità. Questo studio è stato proposto da qualche specialista che pur esiste nel territorio, ma è stato stupidamente rifiutato. È ormai da definire folle colui che si sente il depositario della verità solo perché è albergatore per tradizione.
Questi concetti non sono miei, li ho recepiti leggendo e ascoltando chi questi fenomeni li ha studiati e continua a seguirli forte della propria preparazione specifica. Manco a farlo apposta proprio ieri, giorno in cui ho celebrato su roccarasozoom i 100 anni della più antica famiglia di albergatori di Roccaraso, mi sono state riferite affermazioni effettuate nientepopòdimenochè da funzionari del colosso Booking.com. in giro sugli Altopiani. Questa società, attraverso studi effettuati sul fenomeno turistico Altopiani Maggiori d’Abruzzo, con in testa Roccaraso, se non altro per il maggior numero di alberghi posseduti, è giunta alla conclusione che non può non farci rimanere stravolti e amareggiati. Semplifico dicendo: gli alberghi, tutti, si apprestano chiudere i battenti.
Gli Altopiani sono troppo vicini alle grandi città del centro e sud Italia e quello che può sembrare un aspetto più che positivo, anche se non siamo mai penetrati con l’efficienza richiesta in quei preziosi mercati, oggi si rivela un aspetto negativo, perché a quegli sciatori risulta più facile e conveniente arrivare in una, due, massimo tre ore, sciare e tornare a casa invece di alloggiare in un albergo; tutt’al più rimangono una notte o forse due se la distanza rimane meno agevole. In questo gioco economico, strano a dirsi, ma è proprio così, si sta rimanendo dentro stritolati. La nostra offerta dell’ospitalità è obsoleta e inutile, perché ci si ostina ancora a ragionare in termini di periodi che non esistono più e si arriva a rifiutare uno o due giorni programmati dallo sciatore con tempo. Puntualmente quelle camere restano vuote.
“La stagione della neve” gira al trenta/quaranta per cento, mentre dovrebbe raggiungere e con un carta costanza punte ben più alte, così come accade altrove.
Che fare? O per meglio dire: si può fare ancora qualcosa? Probabilmente sì, ma chi è in grado di rivoluzionare questa situazione gravemente deteriorata? Sicuramente qui non c’è nessuno, ma proprio nessuno che abbia competenze specifiche maturate sul campo. Non ci si deve far illudere dalle chimere, perché non sanno quello che dicono, ma sanno solo quello che fanno per il loro specifico tornaconto. Non c’è ombra di dubbio. Siamo arrivati necessariamente al punto di dover trovare altrove uno o più soggetti in grado di saperlo fare e non credo ci riuscirebbero in tempi veloci data la gravità del problema. Questo punto di partenza implica un forte investimento. Ma non ci sarà nessun investimento risolutore che non sia sostenuto da una forte dose di umiltà dei soggetti interessati, siano essi albergatori, commercianti, esercizi pubblici e impiantisti, e di un fortissimo desiderio di imparare e agire di conseguenza.
Qualcuno porta ad esempio il successo di Castel di Sangro, elevandolo a nuovo modello di sviluppo.
Pe le considerazioni, modestamente esternate, rendo mie le parole del grande Totò: Ma mi faccia il piacere!