Edicola o se vogliamo chioschetto, è l’elemento architettonico che fu aggiunto al “vecchio” rifugio, posto a guardia del Piano dell’Aremogna sotto il Colle del Macchione.
Il rifugio fu costruito nei primi anni ’30 dalla famiglia del colonnello Leandro Zamboni col nome di Principessa Giovanna, dato che la principessa di Savoia aveva frequentato assiduamente Roccaraso fino a quando il 25 ottobre 1930 sposò ad Assisi il Re Boris III di Bulgaria. Quando veniva a Roccaraso la Principessa non alloggiava in albergo, bensì restava alla stazione nel Treno Reale, un vero e proprio albergo, con carrozze dotate di stanze, cucina, bagno; all’interno era completamente rivestito di rosso. Ma la Principessa quando non sciava frequentava il paese, andava a messa e spesso si infilava nelle case della gente quando veniva attratta da odori culinari particolari e allora si sedeva e veniva servita con grazia e rispetto da parte di quella famiglia che era onorata della visita reale.
Alla costruzione del rifugio partecipò anche mio padre, fabbro, per tutto ciò che riguardava i lavori in ferro e lattoneria, compresi quelli idraulici.
Quell’edicola quando nella prima ristrutturazione ed ampliamento del rifugio fu aggiunta costituì un motivo di richiamo degli ospiti che a turno se la contendevano per la colazione, il pranzo o la cena. Dentro c’era un solo tavolo a 4 sedie, ma la sua originalità consisteva nell’essere sospesi sopra la neve, in mezzo ad una bella nevicata o addirittura bufera, al cospetto del sole, delle montagne e del grande Piano che si dominava. Quel posto così elegante e ricercato era effettivamente un’edicola che prendeva così il nome dal tempietto greco, un luogo di culto, per il Rifugio Principessa Giovanni il culto della dea neve.
Il Rifugio era il punto di riferimento degli sciatori che si avventuravano all’Aremogna sci ai piedi salendo per il valico della Selletta. Tra questi c’erano i pionieri dello sci napoletano ed un assiduo frequentatore fu il Prof. Emilio Buccafusca che di quella schiera faceva parte e ne costituiva l’animatore culturale. E sì, perché allora la neve, lo sci, la montagna erano anche cultura, lo spirito che si elevava al cielo forte dell’improbo sacrificio per arrivare sempre più in alto, corroborato da un ambiente ristoratore. Oggi non è più così. Oggi si giunge all’Aremogna comodi nel SUV di ultima generazione e dietro si porta ogni cosa. Allora il portabagagli del SUV era costituito dallo zaino che sosteneva la fatica in tutti i sensi, col suo peso e con il suo contenuto ristoratore. Il Rifugio conserva in bella vista un biglietto che il Professore futurista scrisse un giorno di neve e io ve lo rivelo tra le foto.
Oggi quel rifugio non c’è più, quando lo ha acquistato la famiglia di Ennio Cipriani era cadente, aveva superato indenne il periodo di Guerra e lì i soldati tedeschi avevano attestato la cucina che riforniva le truppe sparse sopra l’Arazecca che domina la valle del Sangro, la linea Gustav. Il rifugio non ce la faceva più a reggere la modernità dello sci e così Ennio, suo malgrado, lo ha abbattuto e ne ha ricostruito uno moderno, elegante e dotato di ogni confort.
Quel Rifugio è un monumento, uno dei monumenti dello sci roccolano e ha fatto bene Ennio e Federica, la figlia, che oggi lo conduce, a mantenere il nome originario della Principessa Savoia, perché Giovanna e Umberto con la loro assidua frequenza hanno consentito lo sviluppo turistico di Roccaraso. Non dobbiamo mai dimenticarlo!